Scilla e Cariddi
Di tutte le leggende che animano le storie intorno allo stretto di Messina, la più famosa è sicuramente quella di Scilla e Cariddi, una storia di passione, amori non corrisposti, feroci vendette e un drammatico epilogo.
La fantasia greca aveva infatti riassunto i pericoli che dominavano lo Stretto di Messina.
La leggenda di Scilla e Cariddi narra di una bellissima ninfa, Scilla, trasformata dalla maga Circe in un orrendo mostro atroce, che abbaia e ringhia orribilmente, localizzata su uno scoglio di una rupe alta cento metri nella punta calabra che da secoli secondo la leggenda funesta le acque dello Stretto insieme a Cariddi, devastante creatura marina creata da Zeus capace di ingoiare e rigettare l'acqua del mare per tre volte al giorno causando mortali vortici.
Scilla, in greco Skylla, deriva dal fenicio “sol” cioè pericolo, o dalla radice greca “skul” con significato di cane o anche di squalo. I cani urlanti nella cintura ricordano lo strepito particolare prodotto dalle onde che di continuo s’infrangono sotto le rupi cave.
Scilla ci appare, fin dai tempi omerici, in relazione col cane e col cane accanto la troviamo rappresentata nelle monete di Turio, di Eraclea, di Taranto ed Ipponio. Cariddi, “ad un sol trar d’arco di Scilla” come dice Omero, è l’altro orribile mostro che tre volte inghiotte le acque del mare e tre volte le rigetta con muggiti, posta sotto il Promontorio Peloro.
Cariddi, dal greco per “vortice”, o anche dal semitico “Khar” per “foro”, “voragine”, sarebbe espressione derivata in tal caso dai navigatori fenici.
Gli scrittori greci e i latini tendono ad umanizzare l’orripilante figura di Scilla. Virgilio, infatti, la descrive con le forme di una graziosa donzella nella parte superiore del suo corpo mentre dalla vita in giù ha un orribile ventre peloso di lupo e una coda di pesce.
Pausania racconta che Scilla fu la figlia del re di Megara, Niso. Dopo aver facilitato la conquista di terre sotto il dominio del padre, chiese al vincitore di sposarla. Questi non accettò e la abbandonò alle acque marine che trasportarono il suo corpo senza vita alla base del promontorio della costiera bruzia, che prese il suo nome.
Per Ovidio, Scilla è la più bella tra le ninfe e col suono melodioso della sua cetra allieta i lidi. Il giovane dio marino Glauco è folle d’amore per lei ma Scilla rifiuta decisamente le sue offerte d’amore. All’infelice giovane non resta che rivolgersi alla maga Circe affinché, con le sue arti magiche, riesca a far breccia nel cuore dell’amata. Ma la maga è a sua volta innamorata di Glauco e, gelosa, con un filtro avvelena le acque dove Scilla è solita bagnarsi. A quel punto avviene la sua trasformazione: le membra si contraggono e la bellissima ninfa assume l’aspetto di un mostro con la coda di pesce e sei orribili bocche voraci.
Cariddi invece, avendo rubato i buoi ad Ercole, per punizione fu da Giove trasformata in quel pericoloso gorgo dello Stretto di Messina, apertosi dalla saetta scagliata dal Nume. Nella leggenda omerica, le acque che inghiotte e rigetta sono il ricordo evidente dell’effetto ivi prodotto dal flusso e riflusso di marea. Cariddi si identifica col “garofalo” (in dialetto “galoffuru”), gorgo che si forma fra Capo Faro e Punta Sottile dall’incontro di correnti contrarie, corrispondendo perfettamente alla descrizione omerica che paragona quel mare ad una marmitta in ebollizione.
Questi vortici sono dovuti ad una combinazione di fattori che caratterizzano quest’area, come l’incontro-scontro di due mari, il Tirreno e lo Ionio. Se il Tirreno è più alto dello Ionio il flusso di acqua si muoverà Nord-Sud originando la cosiddetta rema scendente. Quando la situazione si capovolgerà si avrà la rema montante. Proprio queste dinamiche caotiche delle maree dello Stretto, nell’antichità, hanno dato origine a Cariddi: il mostro senza volto che risucchiava le navi dagli abissi producendo vortici e gorghi.
Questo flusso e riflusso sarà altresì evidenziato da Dante nella “Divina Commedia”: “Come fa l’onda là sopra Cariddi che si frange con quella in cui s’attoppa”.
La leggenda ha da sempre spaventato marinai e viaggiatori, rendendo lo stretto tra Reggio e Messina famoso in tutto il Mediterraneo.
Visitando le località è possibile ammirare gli scogli e le grotte in cui si nascondono i mostri marini e apprezzare la magia e il brivido della leggenda. Ma non solo, in queste zone è possibile godere della vista di un mare stupendo e di un entroterra ricco di sorprese e bellezze da visitare assaporando lo splendore di luoghi diventati leggenda nell’antichità.